se l’idea della figura fisica del Gibbo nasce con la visione dell’Angelo, il nome ha una genesi più complessa. Si forma in parte dalla figura del traditore, Gibbon appunto, nel film di John Ford "The Informer" sulla resistenza irlandese: Gibbon è personaggio deforme nel corpo e nell’anima, perché tradirà i compagni di lotta; Gibbone è anche il nome della scimmia che allo zoo fa tanto ridere i bambini per come mostra il suo sedere spelacchiato, è animale ritenuto impudico e lascivo. Dalla mescolanza di questi elementi nasce la figura del Gibbo, il primo dei quali fu eseguito nel 1937 per il filosofo e amico Ettore Luccini. Alla genesi del personaggio ha contribuito anche il periodo di degenza trascorso da Tono in ospedale, con il sospetto di una malattia incurabile ai polmoni, alla fine degli anni ’30: le macchie di umidità sui muri, in concomitanza con la sua situazione psicologica, diventavano nella mente di Tono delle figure mostruose, con lunghe braccia protese pronte a ghermire: i protogibbi (v). La degenza faceva avere a Tono anche altre visioni, che regolarmente erano fermate come impressioni sui quaderni di appunti (v) che mai gli mancavano. Il Gibbo è mostrato in vari atteggiamenti, che vanno dal maestoso al surreale, ma in tutti è comunque messa in evidenza, con l’uso di una linea purissima, l’enorme massa dell’Uomo della Provvidenza anche quando il protagonista cerca di mascherarla con movenze leggiadre da funambolo o ballerina. Ovviamente il Gibbo non è solo, ne può essere l’unico responsabile di quanto accade. In sua compagnia c’è tutta una coorte di personaggi ai quali vengono attribuite colpe nonminori, a partire dal re Vittorio Emanuele III (v) e da suo figlio il principe Umberto; spesso compare la Gibboncina (v) che rappresenta l’Italia, e occasionalmente le giovani fasciste, con il compito di consolare il Gibbo quando è avvilito. Altro personaggio frequente è Gabriele D’Annunzio, chiamato l’Orbo Veggente per la fascia che gli copriva a volte l’occhio offeso, e poi Giorgio De Chirico, chiamato Giorgio Mostarda. Un gruppo di fogli porta la didascalia PERA GIBBA, sia per la testa a pera del soggetto, che con riferimento alle composizioni dell’Arcimboldi. Un preciso riferimento a Padova ed alla sua gente, oltre che in molti paesaggi (v) di sfondo, si ha con le molte GIBBA GAETANA , dove la Gaetana era una donna malata di elefantiasi, famosa a Padova negli anni ’40, oggetto di sbeffeggiamenti da parte dei monelli. Gibbo è in grado di fare tutto: guida aerei, si lancia con il paracadute, suona l’arpa, è romantico e sognatore, artigliere, esperto d’arte, cavallerizzo, batte moneta di grande valore: quanto un Perù (v). Inoltre Gibbo è gentile, e quando si trova, lui Gibbone con l’altro scimiotto tedesco (Hitler), si scambiano le cortesie. Del Gibbo si sono occupati quasi tutti i critici di Tono, ma l’opera più importante è certo lo studio di Carlo Ludovico Ragghianti IL GIBBO DI TONO ZANCANARO, La Loggetta, Ravenna, 1971, ripreso successivamente dall’autore con il titolo TONO ZANCANARO nella collana Critica d’Arte, editore Vallecchi, Firenze, 1975.
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Gibbo
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